La storia.
Come raccontare 7 anni di guerra? Immaginate questo: ogni bimbo siriano con meno di 10 anni non conosce altra vita che una vita in fuga, in un campo profughi o nascosto altrove quando i cieli fanno bum. Le madri sono spesso sole. I mariti combattono. O sono morti al fronte. O disertori in fuga. Sulle spalle delle donne, la responsabilità di resistere. Per sopravvivere servono un tetto, cibo, vestiti, acqua, un lavoro. E ospedali e medicine anche sotto embargo: con alcuni prodotti chimici si potrebbero fabbricare bombe. Certi farmaci li trovi solo al mercato nero. Se te li puoi permettere.
Obiettivo progetto.
L’obiettivo del progetto è tutto racchiuso nel suo titolo: Ospedali aperti. Aprire le porte di tre ospedali (due a Damasco e uno ad Aleppo) al maggior numero di pazienti indigenti che, altrimenti, non potrebbero pagare le cure di cui hanno bisogno. Dal trattamento di patologie complesse a quello delle malattie più banali che, in guerra, possono uccidere quanto i fucili.
Attività.
Tutto questo, ovviamente, al fine di migliorare le tre strutture e consentire al loro staff (medici, infermieri e tecnici) di curare più persone possibile. Il grosso dei fondi raccolti sarà dunque usato per pagare le terapie mediche vere e proprie, la diagnostica dei pazienti e gli eventuali interventi chirurgici necessari.
Persone coinvolte.
40.464 pazienti in tre anni (202.323 giorni di ricovero gratuiti)
Donatori
Gemelli, Calzedonia, Conferenza Episcopale Italiana, Unipol Gruppo, Fondi Italiani per le infrastrutture, The Papal Foundation, Roaco, Ordine Equestre del Santo sepolcro di Gerusalemme